19 Giu LO SPECCHIO NON È VETRO.
Lo specchio, per me, non è più vetro sebbene sia costituito dalla stessa materia. Nello specchio, un semplice vetro trasparente che viene argentato – e mio padre faceva anche l’argentatura a mano degli specchi – si nascondono qualità, misteri e utilizzi che aprono le porte della sperimentazione dimensionale.
Basti pensare agli specchi parabolici sulle strade che, tempo addietro, erano tutti in vetro. Se argentati dalla parte concava e osservati dalla parte convessa, essi diventano specchi parabolici ma, se il processo di lavorazione viene effettuato al contrario, in caso di uno specchio piccolo, esso diventa ingranditore, in caso di uno specchio grande e abbastanza curvo, esso ritorna una visione dello specchiato a testa in giù.
Con questo oggetto si possono fare molteplici esperimenti di riflessione e di accostamenti di materiali diversi; per questo esso ha poco a che fare con il vetro in sé.
Quando ho smesso di considerarlo tale, ho iniziato a sperimentare.
Nei primi anni Duemila mi è stato commissionato uno specchio da un contractor che faceva alberghi e residenze private. Ora non ricordo se l’appellativo che è stato dato all’opera l’avessi scelto io o il designer ma il nome era: Kaleido.
Si trattava di una specchiera molto grande. La sua superficie, piuttosto ampia, misurava all’incirca un metro per due ed era composta da quadratini di cinque centimetri per cinque di specchio. La caratteristica dell’opera era, però, che i quadratini di specchio sarebbero stati posizionati con inclinazioni leggermente diverse gli uni dagli altri allo scopo di rendere un’immagine riflessa frammentata.
Per fare questo lavoro è stato necessario tagliare tutti i pezzi perfettamente uguali, separare un pezzo dall’altro per permettere l’inclinazione e perché non si toccassero e scheggiassero nel contatto reciproco. Infine, incollare i quadratini affinché la riflessione fosse scomposta in migliaia di moderni pixel.
Lo specchio Kaleido è stata una delle più interessanti sperimentazioni con questo oggetto di design, oltre che di uso comune.
Negli anni non sono mancate le richieste – anche particolari – volte a sfruttarne allo stremo le capacità. In Calmaggiore a Treviso, molto tempo fa, c’era un negozio che vendeva intimo. Mi chiese uno specchio per il camerino e desiderava uno specchio in grado di sfinare le forme di coloro che si sarebbero specchiati. Per ottenere un buon effetto, in tal senso, sono necessarie poche accortezze e soprattutto la conoscenza di questo oggetto. Lo specchio vive di luce quindi la luce non può piovere dal soffitto verso il basso perché il risultato sarebbe quello di enfatizzare i difetti. La luce deve puntare sulla figura che si sta specchiando e, al fine di dare un po’ di prospettiva, è sufficiente che lo specchio venga posto leggermente inclinato all’indietro.
Lo specchio consente di passare tra i mondi, si direbbe in alcuni racconti di fantasia e gli specchi anticati vengono spesso richiesti proprio per la loro capacità di richiamare atmosfere storiche che sembrano favorire un lieve salto nel tempo. L’anticatura nell’argentatura dello specchio può essere fatta in diversi modi e ogni vetreria ha la sua tecnica. Ciò che accade spesso però è che, purtroppo, l’utilizzo di vetri industriali dalla superficie perfettamente piana, sebbene anticati, restituiscano un’immagine a dir poco perfetta. A parer mio, ciò che risalta, in questi casi, è la capacità di riflessione e non l’anticatura.
Ho cominciato, quindi, a pensare a come fare un’anticatura che somigliasse di più agli specchi antichi. La mia svolta personale è arrivata quando ho provato a usare dei vetri soffiati a bocca che hanno leggere striature e bollicine che poi, anticando l’argentatura, somigliavano di più a specchi del 1700.
Un altro effetto tipico degli specchi antichi è l’annerimento dovuto alla luce diretta del sole. L’argentatura con argento è iniziata all’inizio dell’Ottocento ma, prima, era il mercurio il mezzo per far diventare il vetro uno specchio. Il mercurio veniva impiegato assieme a sottilissime lamine di stagno. Ciò che accadeva, però, era che il mercurio attaccava lo stagno fissandosi sul vetro, con il risultato di temere la luce. In alcune ville venete, dove ci sono specchi originali incorniciati in gesso o attaccati alle pareti, si può ancora notare l’effetto del sole se questo va a colpire direttamente sulla loro superficie.
Diventando nera, essa perde adesione al vetro e si sfalda. Si staccano le parti in mercurio e stagno e rivelano un’altra grande testimonianza storica: i giornali che venivano interposti tra lo specchio e la base in legno che serviva per sorreggerlo e appenderlo o incorniciarlo. Dal giornale è possibile risalire all’origine dello specchio, a chi l’ha realizzato e dove. In alcune vecchie specchiere, nelle quali il tempo ha consumato l’argentatura, ho ideato un modo di invecchiare l’argentatura creando delle aree trasparenti dove inserire dei vecchi giornali per creare un falso antico davvero affascinante.
Con questa tecnica ho realizzato delle formelle a specchio anticato per dei ristoranti italiani a Parigi. Da lì mi sono appassionato e ogni tanto ne faccio ancora.
Lo specchio ha delle sue caratteristiche, anche letterarie, che lo contraddistinguono. Esso riflette l’immagine ed è impossibile non ammettere che esiste un legame inconscio con questo oggetto.
Vittorio Benvenuto