19 Giu RILEGATURA A PIOMBO: UNA TECNICA ANTICA CHE NECESSITA DI INTERVENTI DI RESTAURO NEL TEMPO AFFINCHÉ MANTENGA IL SUO SPLENDORE.
La rilegatura a piombo è una tecnica antichissima di origine medievale. Risale alle prime chiese del Centro Europa nelle quali erano presenti delle feritoie atte a far entrare la luce. Queste feritoie sono state, nel tempo, chiuse con l’apposizione di vetri colorati. Inizialmente, probabilmente si trattava solo di pezzi di vetro colorato per fare in modo che la luce creasse una certa atmosfera all’interno del luogo di culto. Questi pezzi di vetro venivano tenuti insieme da verghe in piombo che – immagino – venisse saldato o colato sul posto, affinché potesse tenere insieme i vetri.
L’evoluzione di questa tecnica è avvenuta con le grandi cattedrali gotiche nel 1300-1500 sempre nel Centro Europa. Qui in Italia, il Duomo di Milano ne costituisce un magnifico esempio.
La tecnica della rilegatura a piombo è strettamente collegata con la tecnica della dipintura del vetro con le grisaglie, delle terre che creano ombreggiature in modo che si possano disegnare dei soggetti e fare delle rappresentazioni iconoclastiche.
La grisaglia, e quindi la rappresentazione figurativa, diventa protagonista nella vetrata. La tecnica di rilegatura, però, è anch’essa fondamentale per dare risalto al vetro dipinto. Come per la tecnica Tiffany esistono dei limiti dimensionali, anche in questo caso esistono dei limiti connessi però alle dimensioni dei vetri che vengono dipinti, alla forma dei vetri dipinti e quindi alle linee di piombo che possono, i certi casi, arrivare a tagliare le figure.
È necessario un equilibrio tra la dimensione del soggetto dipinto e l’esperienza nella lavorazione del vetro e del piombo. Si deve creare qualcosa che dia il massimo senso estetico e, allo stesso tempo, la massima sicurezza sulla vetrata.
La tecnica della rilegatura a piombo si esegue, oggi come un tempo, con un profilo ad “H” che limita e obbliga a definire le linee di interruzione del soggetto dipinto, proprio perché realizzato su vetro. Nei punti di giunzione del piombo, che vanno a intersecarsi, si effettuano poi delle saldature in lega di stagno e zinco per dare rigidità. Quest’ultima si ottiene ulteriormente per mezzo di tondini di ferro che, posizionati esternamente rispetto alla vetrata, quindi non sul lato a vista ma sul retro, tracciando delle linee rette orizzontali che cominciano e finiscono sul telaio contenente la vetrata, vengono saldati in corrispondenza del piombo con del filo di rame che viene annodato sul tondino stesso creando dei legacci. Se non ci fossero questi ultimi, il piombo, che è estremamente malleabile e nel tempo deformante, si accascerebbe dall’alto al basso sotto il peso del vetro. Nel giro di un anno, e anche meno, la vetrata cederebbe.
Questa tecnica necessita quindi di interventi di restauro nel tempo. Un progetto di restauro che abbiamo condotto è stato quello delle vetrate a rulli delle absidi della chiesa di San Nicolò a Treviso. Le vetrate a rulli sono formate da dischi di vetro soffiati a bocca e allineati in un disegno lineare. In questo tipo di vetrate geometriche è più facile che, se si consumano i legacci, la vetrata faccia un effetto fisarmonica, proprio perché costituita da righe e non da disegni che possono, in un certo senso, sostenere meglio la struttura.
Il restauro che abbiamo intrapreso era di tipo conservativo e ormai necessario poiché, dal Dopoguerra, il tempo aveva agito sulle vetrate compromettendone la stabilità.
Abbiamo cercato di riutilizzare, il più possibile, il materiale esistente ripristinando i vetri rotti, rimesso in sicurezza le vetrate attraverso le legature e rinnovato il piombo dove si era consumato. A volte può capitare che il piombo, per effetto delle intemperie, si assottigli come un foglio di carta.
In questo restauro non c’erano grisaglie ma, se ci fossero state sarebbe stato un intervento molto delicato. Ricordo un piccolo esempio all’Abbazia di Vedana, nel bellunese. Lì il miglior solvente per poter pulire le vetrate si è rivelato essere l’acqua distillata. Oltre a questo, ci sarebbe anche l’EDTA, ma è necessario essere molto competenti nel restauro prima di approcciarvisi.
Il restauro è un mondo a sé e, in taluni casi, non mi sono mai spinto oltre l’informazione. O ti immergi in questa realtà o lo lasci fare a chi lo sa fare. In base all’esperienza che ho accumulato posso scegliere se gestire un restauro o meno.
Vittorio Benvenuto