19 Giu VETROFUSIONE: UN PROGETTO MANIFATTURIERO DI GRANDE PORTATA ULTIMATO CON UN LAVORO DI SQUADRA.
Nei primi anni Novanta ho frequentato un corso in Svizzera, a Zurigo, per imparare la tecnica della vetrofusione. È stata una full-immersion in questa tecnica di lavorazione del vetro di origine anglosassone che, all’epoca, non era molto diffusa in Italia, a differenza di Inghilterra, Stati Uniti e Australia.
Le nozioni principali riguardavano i cicli di cottura del vetro a seconda delle varie tipologie, la compatibilità dei vetri da mettere in fusione e tutta una serie di informazioni tecniche per riuscire in questa lavorazione. Ma, come in tutte le lavorazioni di tutti i materiali, è la persona, attraverso le sue idee e l’esperienza, che determina la riuscita della creazione, non tanto la tecnica in sé. Dopo quel corso ho iniziato a sperimentare.
Nei primi anni Duemila, mi è capitata l’occasione di avere l’esperienza più importante; la definirei di tipo manifatturiero. Si trattava di un vero e proprio progetto che prevedeva l’impiego della vetrofusione.
Un General Contractor asiatico aveva un progetto per un hotel a sette stelle ad Abu Dhabi e il responsabile dell’area Europa di quest’ultimo mi ha contattato per sapere se fossi disponibile a effettuare il lavoro. Per la mia propensione ad accettare nuove sfide non ho esitato nel rispondere di sì. Così mi è stato commissionato il mock up, un prototipo, di un pezzo di balaustra decorata con motivi floreali.
L’accordo era che il mock up mi sarebbe stato pagato ma, se avessi preso l’incarico per l’intera fornitura, il costo dello stesso sarebbe stato detratto dal totale. Qualche settimana dopo che il mock up era giunto a destinazione, il prototipo è stato accettato e mi è stato chiesto di fare l’offerta che venne anch’essa approvata.
Sono partito per Abu Dhabi in tutta fretta per firmare il contratto. In realtà, la mia azienda non aveva la capacità di svolgere l’intero lavoro con le sole attrezzature di proprietà; quindi, nel frattempo, avevo contattato altre aziende con le quali ero in ottimi rapporti e che disponevano di forni per partecipare alla realizzazione della commessa.
Ad Abu Dhabi ho firmato il contratto e abbiamo iniziato a lavorare.
All’epoca, dovevamo attendere che i CD con i disegni dei vari pezzi arrivassero da Abu Dhabi con DHL. A due terzi del lavoro consegnato, mi è giunta la richiesta di fare un sopralluogo per verificare alcuni vetri. Era giugno e lì c’erano circa cinquanta gradi. Fu l’occasione di vedere, per la prima volta, l’albergo in questione e, alla vista, rimasi senza parole. Si trovava di fronte al Palazzo Reale ed era enorme. Aveva una cupola di circa venti metri di diametro. L’area dell’hotel era tanto grande quanto le mura di Treviso e, all’accesso, ritiravano il passaporto e rilasciando un pass per spostarsi. Circa settecento operai erano all’opera, guidati da centocinquanta tecnici. I capi-tecnici erano tutti inglesi e il mio referente era Tim Holmes. Lui mi mostrò i vetri sui quali aveva riscontrato dei difetti. Fortuna ha voluto che fossero facilmente correggibili, ma Tim voleva anche la certezza che la consegna di tutti i vetri avvenisse entro una determinata data del mese di luglio.
Ci siamo messi a tavolino, con autentico pragmatismo anglosassone, e abbiamo fatto una lista dei vetri che mancavano, di quelli che andavano sostituiti, del numero di forni con le relative dimensioni – su nove forni, uno solo era mio -, dei tempi dei cicli di cottura, delle dimensioni dei vetri rispetto alle dimensioni dei forni. Il calcolo, alla fine, aveva determinato che, se avessimo lavorato sette giorni su sette e ventiquattr’ore su ventiquattro, saremmo riusciti a consegnare entro la scadenza.
Con questo impegno sono tornato a casa e ho messo sotto pressione la squadra di aziende che si era creata. Insieme, lavorando sodo e duramente, siamo riusciti a consegnare due giorni prima della scadenza.
Questo è stato il primo progetto di una certa entità che ha fatto da apripista nel campo della vetrofusione e devo ammettere di essere stato anche un po’ impreparato a livello amministrativo e burocratico. Trattandosi di vetri per le balaustre delle scale della parte centrale dell’albergo e dei parapetti dei piani che circondavano la cupola centrale della hall, il cliente, alla fine del lavoro, ci ha chiesto la certificazione di sicurezza dei vetri secondo una normativa americana. Fortuna ha voluto che, recandomi all’Istituto Giordano di Certificazione di Cesena con dei vetri campione, le prove sono andate a buon fine e abbiamo potuto dare la certificazione richiesta.
Esteticamente i vetri di questa commessa per l’hotel di Abu Dhabi dovevano essere tutti decorati con motivi floreali. Per fare questo decoro abbiamo usato dei materassini in fibra di ceramica. Il ciclo di cottura avrebbe creato il decoro simile a un’incisione. Una volta tolto il vetro rimaneva lo scavo in corrispondenza della fibra in ceramica. Calibrando bene i cicli di cottura si riusciva a determinare il decoro.
La Glass Fusion, una nota azienda inglese di vetrofusione, aveva avuto l’incarico di realizzare per le terrazze e balconi esterni dell’hotel, dei tendaggi in vetro con la stessa tecnica. Osservandoli da vicino vidi che erano tutti uguali. Probabilmente avevano usato degli stampi in metallo affinché tutti i vetri avessero esattamente la stessa forma. Usando, invece, il materassino in fibra di ceramica, come avevo scelto di fare io, avevo realizzato uno stampo diverso per ogni vetro, sebbene il disegno fosse lo stesso. La leggera differenziazione l’uno dall’altro e la morbidezza diversa che si era ottenuta davano un effetto di manifattura artigianale.
In occasione di questo importante progetto svolto ad Abu Dhabi, ho incontrato anche il General Accountant che mi ha sottoposto una problematica relativa al ritardo di alcune forniture delle strutture metalliche che avrebbero dovuto sostenere i miei vetri. Mi ha chiesto se avessi qualche contatto disponibile a realizzare le strutture mancanti. Io ho interpellato un amico fabbro ricevendo risposta positiva. Abbiamo dovuto fare tutto in fiducia perché non vi erano i tempi tecnici per aprire una lettera di credito, come era stato fatto per il resto della fornitura di vetro. Abbiamo accettato e deciso di fidarci e siamo stati ben ripagati anche di questo.
Questa esperienza è stata un’ulteriore dimostrazione che, mantenendo dei buoni rapporti umani, e non solo commerciali, con chiunque, sia che si tratti di colleghi, clienti o fornitori, si ha l’approccio più giusto. Non c’è niente di sbagliato. Lavorando e interfacciandomi con il cuore in mano ho sempre avuto delle risposte altrettanto adeguate.
Vittorio Benvenuto